Chi era Fabrizio Pittalis? Un ragazzo nato il giorno di natale a Porto Torres nel 1980.
Cos’era Fabrizio Pittalis? Era molte cose naturalmente, un figlio, un amico, uno studente, un fidanzato, un chitarrista ma soprattutto un poeta.
E’ drammaticamente difficile, se non un inutile esercizio di retorica cercare di definire cosa sia un poeta e cosa sia la poesia. Anche in giorni come i nostri, anno di grazia 2013, dove è tutto un affastellarsi di pubblicazioni, cartacee e non, ma soprattutto di esposizioni, con l’avvento schiacciante del fenomeno internet e dei social network.
Ognuno vuole essere qualcosa e vuole che tutti lo sappiano.
Ma per essere qualcosa non basta “esporsi”.
Per essere qualcosa, bisogna, semplicemente, esserlo.
A distanza di quattro anni dalla pubblicazione cartacea delle poesie e della prosa di Fabrizio, poco di entrambi, purtroppo per noi, ci siamo ritrovati a leggere quei testi più volte. E col passare del tempo, nonostante nel frastuono di Internet fossero solamente rumore di fondo, hanno sedimentato dentro chi li ha letti attentamente e hanno resistito. Anzi. Più si leggono le poesie di Fabrizio Pittalis, la sua capacità affabulatoria e per niente accondiscendente verso il lettore, più si intuisce che si ha di fronte qualcuno che scriveva cose che sono destinate a rimanere nel tempo, per una serie di fattori, che spesso segnano la sorte di un poeta.
Fabrizio morì giovane, giovanissimo, condannato dall’essere nato in un posto che di vita se ne porta e ne porterà via ancora, per via dell’inquinamento industriale.
Fabrizio durante le cure perse una gamba, proprio come Rimbaud, poco prima di morire.
Fu il destino di un poeta, che da quel momento continua a parlare solo attraverso le sue poesie, che si impongono, nel loro numero esiguo, come una sorta di testamento definitivo e affilatissimo.
Non sono solito scrivere prefazioni, o introdurre il lettore a un evento, quello dell’incontro con la voce di un poeta, che come tutte le cose umane è legato al destino.
Le poesie di Fabrizio sono qui per rimanere.
Parlano una lingua.
Il lettore è invitato a incontrarlo, a perdersi, ad amarlo, a detestarlo, a chiudere il libro, a buttarlo o a regalarlo.
Nulla cambierà.
Le sue poesie sono lì, uno spioncino originalissimo sul mondo, che non ti vuole, non ti ha mai cercato, non ti desidera. Si offre per quello che è, nella sua drammatica semplicità: il punto di vista di un poeta, consegnato per destino alla storia.
Non potremo discutere delle sue poesie con lui, potrebbe diventare il libro più venduto o letto della storia o restare relegato nell’anonimato, nulla cambierà per Fabrizio, il suo intento di poeta è sempre stato scevro da questo tipo di amplificazione. Sta a noi, con questa edizione digitale, cercare di mettere a disposizione dell’occasionale lettore l’incontro col “poeta punk”, una voce straordinaria di questa nostra epoca.
Le sue erano solo poesie.
Lui era solo un poeta.
Noi siamo solo lettori.
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