Tutti a prendere un aperitivo con Ioana Valescu. Agli ordini. Convocati sotto questi lampadari, in prossimità di queste tende. Si vede la strada da qui. “Vorrei andare in vacanza da qualche altra parte quest’estate” dichiara Ioana Valescu, 57 anni, tacchi come punteruoli per il ghiaccio. Ne ho uno che dondolando sta scarabocchiando sul mio stinco. Penso mi stia uscendo il sangue. Non dice altro, ma ci guarda come fossimo destinazioni fra cui scegliere. La donna accanto a Ioana, una scrittrice di colore americana, o forse inglese, non parla l’italiano e si guarda intorno tenendo in una mano il cocktail (con il ghiaccio che va sciogliendosi) e nell’altra la cannuccia. Sembra respirarci dentro. “Saranno ancora aperte le frontiere in Europa?” chiede Morente, lacché e scrittore, e giornalista, con la sua faccia tecnica e geometrica che mi fa sempre pensare a oggetti di design, mentre lo guardo, e adesso lo guardo. Stendiamo un filo fra paio d’occhi e paio d’occhi e ci camminiamo sopra col silenzio.
A Weston-super-mare, appena l’estate scorsa, il celebre artista sconosciuto Banksy ha messo su un parco di divertimenti triste. Il primo giorno si sono create code lunghe fino a un chilometro. I giorni successivi siamo rimasti dentro i 700 metri. Nessuno sapeva niente. Nessuno diceva niente. Qualcuno si era portato le sedie per alleviare la fila. “Avete sentito di quel libro” dico cambiando posizione. Una farsa per cercare di allontanare il mio stinco dai punteruoli di Ioana Valescu, che in un modo o nell’altro ci ha tutti a busta paga. Pare quasi di udire la canzone, intonata da tutti noi in coro: “I’mon the roll…I’m on the roll…this time”. Ma la fortuna non cambierà per noi. E in fondo ce n’è davvero bisogno? Stiamo tutti benissimo. Io ho un taglio di capelli da 85 euro. “Quale libro” dice la cartomante di Ioana Valescu. O la sua astrologa. Che adesso è impegnata a dividere le olive da altre olive. Ha un aria così rassegnata. Il mazzo di carte le sbuca dalla pochette. Riguardo al parco di divertimenti triste di Banksy, che chiameremo Dismaland per comodità generale, c’è da annotare che gli inservienti avevano delle pettorine catarifrangenti con su scritto DISMAL e dei cerchietti per capelli a forma di orecchie di topolino. La signora Karen, proprietaria di un B&B di quattro stanze, ha dichiarato: “Non sapevamo nulla della cosa di Banksy. (tutti gli abitanti di Weston-super-mare e anche la proprietaria di un negozio di chincaglierie di Leeds in visita, che per la cronaca non riuscì a entrare, chiamano Dismaland la cosa di Banksy) Sembra che ne fossero a conoscenza solo un paio di persone al comune. Nessuno ne sapeva niente. Il telefono squilla in continuazione ma io non affitto la camera per una sola notte. Sono da sola, non riuscirei a star dietro a tutto.”
La scrittrice americana ha finito il suo cocktail e aspira aria, o immette aria nel bicchiere. “Il multiculturalismo sarà la sfida dei prossimi cento anni.” Dice in italiano lasciandoci tutti di stucco. Morente, con la sua faccia a forma di sedia s’irrigidisce a livelli professionali. La tecnicità della sua faccia assume connotazioni quasi ortopediche, ospedaliere. D’altronde è un professionista. Mi chiedo se anche lui sia sorpreso dall’italiano pronunciato dalla ragazza, dopo un oceano di silenzio. E’ probabile, perché le chiede: “Scusami tesoro tu sei americana di dove?”
Ioana Valescu, che di mestiere fa la moglie, si desta improvvisamente e dice “Americana di Londra” e prima che noi si riesca a risolvere l’equazione se ridere o meno ci sta raccontando di quando per esempio, due estati fa, o tre estati fa, o quattro estati fa in quel di Valencia, alla Città delle scienze, le sembrò di essere nell’antico Egitto, si sentì, in estrema sintesi, come doveva sentirsi Cleopatra, ed era quella la sensazione che andava cercando per la prossima estate, non necessariamente di trovarsi nell’antico Egitto di nuovo, ma di arrivare in un posto e provare improvvisamente una sensazione capace di sorprenderla poiché lei le ha viste tutte, e “Il male peggiore è la noia” dice la cartomante, aggiungendo “che per vostra informazione è comparsa sulla terra attorno al 496 dopo cristo.”
Va detto che forse, l’estrema scortesia degli addetti di Dismaland, fosse una predisposizione studiata accuratamente, quasi un oggetto ornamentale, un dispenser di allusivo stato d’animo generale che l’artista doveva aver precedentemente preventivato. Un oggetto particolarmente apprezzato dai visitatori è risultato essere il palloncino nero con la scritta I AM AN IMBECILE a cura dell’artista di Glasgow David Shrigley. Improvvisamente mi sento d’interpellare la fascinosa scrittrice in merito alla questione da me sollevata in precedenza. La pienezza delle sue labbra, in qualche modo, me la posiziona, futura stella marina, ondeggiante sul letto di casa mia. “Intendo il libro dal titolo LABIRINTO, sottotitolo UN DISPOSITIVO MAGICO, se ne è parlato molto ultimamente. Da quando ci siamo stancati di parlare di cinema, qui a roma nord, sembra che il neopaganesimo e la new age siano il nuovo nero.”
Con mia grande sorpresa l’argomento pare conciliare tutti. Morente ne ha discusso dal suo dentista la settimana scorsa. Durante la pulizia dei denti. Parlava solo il dentista che aveva la mascherina e lui ha capito una parola ogni dieci. Dice che l’ha trovato entusiasmante. L’argomento gira come una bottiglia e adesso indica Ioana Valescu che dopo averci informato che la Città delle Scienze, detta anche CAC, è stata usata come scenario per il film Tomorrowland con George Clooney (d’altronde suo marito è un produttore cinematografico) prende immediatamente il toro per le corna e chiede a tutti noi, convocati non paganti ma pagati, se avessimo in qualche modo provato a seguire le indicazioni, o gli obblighi, o le richieste, o quello che erano all’inizio del libro, e tutti ci facciamo un sonora risata, compresa Ioana che con un occhio osserva le carte della cartomante che adesso sono sul tavolo – la signora è impegnata a fare un complicatissimo solitario coi tarocchi – prende la parola anche la scrittrice americana che sottolinea “Il multiculturalismo sarà la sfida dei prossimi cento anni.”
La mia mandibola schiocca, volto la testa e immagino una liana pendere da questi lampadari e fantastico immaginandomi afferrarla e cominciare a dondolare sopra ogni testa e mi chiedo ma che vuol dire? E’ il subconscio che mi fa questi scherzi? Chi mi mette questi pensieri in testa?
I materiali, le impalcature e altre stregonerie usate per costruire il parco di divertimenti triste chiamato Dismaland sono state riciclate per costruire degli accampamenti per i rifugiati a Calais. Grande scalpore, almeno qui in Italia e negli ambienti giusti, ha destato l’esclusione di Blu da parte di Banksy, diciamo che la cosa è stata vista con un certo sospetto.
L’impiccato compare sul tavolo di legno finto consumato di questo locale trendy al centro della città ma svuotato del suo significato, poiché la cartomante lo associa al Matto e lo mette da una parte dicendo “Ah!” e lo indica con un dito aggiungendo che comunque, il libro in questione a cui ho fatto cenno a suo modo di vedere parla, attraverso un simbolismo neanche tanto mascherato, del rapporto dell’uomo con la religione, cosa che trova concorde la scrittrice americana di Londra e anche il multiculturalismo tutto, mentre Morente è sempre più squadrato e in sintesi quasi montato, costruito, incesellato in ogni suo particolare. Direi architettonico, se la parola non fosse oltremodo abusata. Dall’alto della sua brillante carriera di scrittore di libri, anche postmoderni, (scrisse il testo di una canzone rap per il celebre rapper con un occhio solo di cui adesso mi sfugge il nome) sostiene, supportando la sua tesi con due o anche tre esempi, tra cui la ricorrenza del numero 9 all’interno di tutta l’introduzione, che trattasi di libro che parla, decisamente, del rapporto con la scrittura, e in seconda istanza del rapporto fra scrittore e lettore e in sottofondo, come una musica aeroportuale, del rapporto che unisce opera, scrittore e lettore, e cosa ho da dire io che ho lanciato il sasso?
La mano non posso nasconderla, poiché regge il mio calice di Shiraz sintetico. Così adotto una posizione d’attesa, anche per schivare nuovamente il tacco di Ioana Valescu che ora ha un po’ più dei 57 anni di poco fa, ma le stesse scarpe, e io vorrei ascoltare cosa ha da dire, perché contraddirla potrebbe nuocere gravemente alla mia carriera di compositore di musiche strumentali per funerali di VIP, e non ho certamente intenzione di bruciarmi su un libro che non ho neanche letto, ma Ioana, scaltrissima, non solo riesce a posizionarmi un tacco esattamente sopra un piede, (muovendolo come fanno i bagnini che aggiungono un ombrellone sulla spiaggia) ma rimane decisamente evasiva chiedendo alla scrittrice americana se gradisce un altro cocktail o ha intenzione di continuare a aspirare tutta l’aria del locale attraverso la sua minuscola cannuccia che ha esaurito anche il ghiaccio e lei, la scrittrice, che di nome, adesso possiamo dirlo, fa Amadi Jones dice “Yes”, dice “another one”, dice “the same cocktail”, dice “please” e dice “The multiculturalism is the next one hundred years challenge” e io non posso esimermi dal commentare che ho sentito parlare tanto bene di quel libro, che era ora che si discutesse di qualcosa di diverso dal solito film da accattoni fatto da noi italiani, che di scrittura non me ne intendevo affatto e forse il punto di vista di Morente, perfetto come una sedia di Rietveld non era da sottovalutare, ma anche la religione, anche la religione, certo, c’è qualcosa qui in Italia in cui non c’entri la religione?
Fuori comincia a piovere e la scrittrice americana ci dimostra gli effetti sorprendenti della fisica scrivendo la parola “AMOR” su un pezzo di carta, riempiendo successivamente un bicchiere d’acqua e facendoci osservare come, da dietro il bicchiere d’acqua, dalla nostra visuale la parola si capovolgesse diventando “ROMA”, esibizione che convince la ormai quasi cinquantottenne Ioana Valescu non solo a togliere il tacco della sua preziosissima scarpa dal mio piede ma a battere addirittura le mani, lanciando un applauso che, non mi si chieda il perché poiché non sono a conoscenza di quasi nulla, io, contagia dapprima il nostro tavolo, e quindi tutto il locale, al punto che qualcuno, dal fondo della sala comincia a cantare tanti auguri a te non si capisce bene rivolto a chi.
Fuori da DISMALAND, per diversi giorni, un uomo in carrozzella si è fatto fotografare dai turisti mentre reggeva un cartello con su scritto “Grazie a Banksy adesso Weston-super-mare è di nuovo sulle mappe”. Ma cos’è Dismaland? Per caratteristiche, sembra attenere, se ci limitassimo a un profilo strettamente tecnico, addirittura alla dimensione della Land Art.
La Land Art, che opera principalmente all’aperto, in spazi naturali, tende a modificare il contesto in cui agisce e in un certa maniera a dargli un nuovo senso, a riqualificarlo sotto molteplici aspetti. Sotto questo punto di vista appropriarsi temporaneamente di un vecchio stabilimento balneare abbandonato da quindici anni, il Tropicana, (alla sua apertura, nel 1937, poteva vantare la più grande piscina all’aperto d’Europa) e renderlo un parco dei divertimenti triste, per dimensioni e intenti rientra a pieno nel concetto di Land Art. C’è poi tutta la parte performativa che avviene “in loco” e durante il mese e mezzo d’apertura del parco, che viene svolta principalmente dagli addetti ai giochi, dalla security e in forma inconsapevole anche dalla polizia e dai vigili che sorvegliano l’evento, oltre che dai partecipanti stessi.
La polizia e la security ripetono come un mantra, a richiesta d’informazioni, che non sanno nulla, loro sono pagati dal comune e le informazioni che hanno sono di andare sul sito internet di Dismaland. Il sito internet, aperto il giorno stesso dell’inaugurazione, ha subito un crash immediato dovuto all’affluenza dei contatti, ma c’è chi dice che le date sono uscite immediatamente tutte con la dicitura sold-out. In proposito, un ragazzo originario di Weston-Super-Mare selezionato per vedere il parco in anteprima prima dell’apertura al pubblico ha dichiarato: “Non saprei dire se mi è piaciuta questa cosa di Banksy. Io non sono un ragazzo particolarmente acculturato. Faccio parte della working class. Hai girato un po’ per Weston-Super-Mare, ti sei fatto un’idea? Negozi che chiudono, turismo quasi inesistente. E per una cittadina di mare non è che sia una grande cosa. Viviamo nella decadenza, nell’abbandono. Ecco, capisco che l’artista, Banksy, abbia voluto fare una sorta di critica di Disneyland, ho capito bene? Ma per uno come me andare in un parco di divertimenti e trovarlo semidistrutto, decadente, mi è sembrata una presa in giro, capisci? Come a dire, ecco il parco di divertimenti di Weston-Super-Mare, come pensavate che fosse un parco di divertimenti a Weston-Super-Mare? Capisci? Poi non so, sto notando che c’è un sacco di gente che viene a vederlo, ma quanto durerà, un mese e mezzo? E dopo? Mi pare che questa trovata non porti nulla di buono a Weston-Super-Mare nel lungo periodo, capisco se fosse rimasto come attrazione, ma così che senso ha?”
Le conversazioni, all’interno del bar, sono riprese in maniera civile. Un indiano entra e tenta di vendere delle rose. La scrittrice americana ne sembra molto affascinata. Morente, ormai dotato di ogni optional, accuratamente selezionato e rifinito, si è accasciato sulla sua sedia, sopraffatto dal gin. Io, che possiamo ammetterlo, cosa sono? Qual è la mia risultanza alla somma di tutte le proporzioni? Sono solo uno scarabocchio incomprensibile sul muro di una rimessa sbrecciata, un groviglio di polvere e capelli di ragazza al’interno di una casa di periferia o nella hall di un albergo trascurato, la sagoma di una pianta, illuminata fiocamente a notte da una lampada alogena, la crosta di sangue sul gomito di una pallavolista lesbica, questa scritta sul bicchiere che reclamizza una marca di vino, sono in cerca di calore, e sono approssimativo, e non mi manca niente, ho anche una discreta gastrite sotto controllo, mentre Ioana Valescu, vera artefice di tutto questo, sta dicendo alla sua cartomante che la parte più interessante del libro di cui io ho introdotto l’argomento era senza dubbio alcuno quella in cui, improvvisamente, si era accorta che c’eravamo anche noi.