BRAND NEW LOVE

Adagiata di traverso sul sedile posteriore di una Ritmo color carta da zucchero mia Madre, carezzandosi la pancia e sospirando, mi disse:

Figlio, anche a te capiterà nella vita un accadimento che la metterà totalmente in subbuglio. E’ inevitabile, figlio mio.

Le sue parole infilzarono la nuvola di fumo prodotta dalla sua sigaretta Chesterfield. Mia madre abbassò il finestrino di tre centimetri.

Io non sapevo il significato della parola subbuglio. Avevo sei mesi. Nuotavo tutto il giorno. Osservavo in spirali.

*

Finito di nuotare, una volta uscito dal corpo di mia Madre ed essere stato giustamente schiaffeggiato, passati sette anni di fluttuazione nell’aria terrestre, mia Madre mi disse.

Figlio, ti capiterà una cosa nella vita che la metterà totalmente in subbuglio.

Cosa vuol dire subbuglio? Chiesi. Non sapevo niente di niente. Ogni giorno era un incomprensibile successione di scene, i boschi erano bianchi o neri, avevo sette anni, non sarei andato a dormire mai.

Significa che la tua vita non sarà più quella di prima. Verrà irrimediabilmente cambiata da un evento, come vuoi chiamarlo.

Come voglio chiamarlo, mamma.

Mia Madre prese una pausa teatrale durante la quale, mantenendo costante il contatto visivo con i miei occhi e sorseggiando un Campari Soda, disse.

Vuoi chiamarlo, incontrare le donne?

Voglio chiamarlo così?

Mia Madre rise, una risata di denti, il movimento di una testa negli anni 90.

Ho capito, disse, li conosco quelli come te, tu sei romantico. Vuoi chiamarlo amore. In fondo potresti sempre essere gay.

Io andai davanti a uno specchio a forma di losanga e carezzai il piccolo canguro cucito in rilievo sulla blusa della mia tuta acetata dell’Australian.

*

A dieci anni, sotto un paio di finestre anodizzate nella camera da letto di mia madre giocavamo, io e la mia decenne vicina, a esplorarci le rispettive mutande.

Mia Madre entrò nella stanza e mi puntò l’indice contro. Vedrai, disse, e ci lasciò soli, lasciando la sua stessa camera da letto con i pugni stretti al petto.

Io mi annusai le dita che odoravano di bosco bagnato e urina. La mia vicina si annusò le dita e disse che odoravano solo di urina.

Gli zainetti con la scritta “Invita allo sport”, sottomarca degli originali Invicta, ci fissavano dal pavimento della stanza con tutta la loro portata di manifesta inadeguatezza.

*

All’età di dodici anni, con indosso una maglietta Lacoste color acquamarina mi baciai con una ragazza più grande di me.

Cosa fai? Mi chiese lei, così delineata in un paio di pantacollant fiorati.

Ti bacio, dissi.

E la lingua? Disse lei. Devi tirare fuori la lingua.

Prima del bacio? Chiesi.

No, durante, disse lei.

Così ci baciammo di nuovo e io tirai fuori la lingua e fu una sensazione strana. La cosa in sé mi sembrava molto stupida, come un gesto di fiducia immotivato.

Ancora oggi quando penso a quella lingua nella mia bocca mi viene in mente l’immagine di un tentacolo di piovra che sbuca da anfratti sommersi, una consistenza marina, per alcuni tratti aliena.

*

A diciassette anni m’innamorai.

Lei masticava gomme Brooklyn bianche, avvolte in una carta argentata. Appena sfilate dalla carta erano polverose.

La prima volta che la vidi non sembrava camminare ma piuttosto scivolare, la sua andatura rimandava alla fluttuazione di un fresbee nell’aria, ma inclinata in avanti.

Facevamo lunghe passeggiate e mentre percorrevamo le vasche delle strade del centro io la corteggiavo. Come noi, durante la stagione, altre decine di coppie avvolte in caldi piumini Moncler.

Per la prima volta provai quello che comunemente, mi sembrava di aver capito, veniva definito amore. Ero pervenuto alla conclusione sommando la constatazione che

1 volevo che lei stesse con me tutto il tempo, ogni ora, ogni minuto, ma

2 non potevo stare con lei effettivamente tutto il tempo, quindi

3 la sola idea della sua esistenza da qualche parte nel mondo mi riempiva il cuore di gioia e

4 dovevo farmelo bastare.

5 L’avere il cuore pieno di gioia.

6 E basta.

Questa addizione di sensazioni, mi confermò mia madre dalla piattaforma di un divano Flexform, era quello che in società veniva chiamato amore.

La cosa assurda in questa equazione era che Lei, oltre ad esistere, (che di per sé mi sembrava un regalo totalmente gratuito fatto da qualche misterioso essere cospiratore) volesse stare proprio con me.

Cosa c’è di più perfetto nel mondo dell’essere desiderati dalla persona desiderata?

Facemmo l’amore sopra un letto Foppa Pedretti, e io pensai che fare l’amore era una cosa decisamente meravigliosa ma che non arrivava a compensare quello che provavo per lei tutto il resto del tempo.

Voglio dire, questa soluzione provvisoria che prevedeva che, in momenti di massima eccitazione e spasimo, noi si cercasse d’incastrarci con quello che potevamo mi risultava piuttosto piacevole, sia chiaro, ma per come la vedevo io assomigliava a una toppa su un buco.

*

Poiché avevo aspettative di completezza, questo posso ammetterlo, confidavo con tutto il cuore nell’autorità del futuro arrivando a confondere questa autorità con la vita stessa, o quantomeno a ritenerla garante.

Il tutto indossando Reebok Air anche nelle giornate di pioggia o quando la situazione prevedeva un paio di scarpe più eleganti.

*

C’è altro che possiamo fare per dimostrarci il nostro amore? Le chiesi un’estate dopo aver finito quella che in astratto poteva essere una sessione di ginnastica fatta senza mutande.

Quando facciamo l’amore siamo una cosa sola, disse Lei, che indossava sempre un dettaglio militare. Ora un berretto, ora una canottiera.

Quando facciamo l’amore siamo una cosa sola per un po’, dissi io.

Quindi vuol dire che non mi ami? Chiese Lei.

Eravamo fermi nel punto più alto della ruota panoramica, e la nostra cabina dondolava.

Ti amo più di qualsiasi altra cosa, dissi io, guardando in lontananza il manifesto pubblicitario di una ragazza in costume da bagno Yamamay grande dieci metri.

Anzi, ti amo così tanto che quando facciamo l’amore mi sembra quasi di toccare il soffitto di questa cosa che provo per te. Questo soffitto. Mi sembra di arrivare a sfiorarlo. Lo sfioro e lo sfioro ancora ma sento che non possa esserci solo questo a dimostrazione del mio amore.

Tutto questo sfiorare soffitti intendi. Non capisco.

Il suo profumo Chanel numero cinque si frappose fra di noi.

Nonostante, sia chiaro, non c’è cosa al mondo che io preferisca di fare l’amore con te.

Quindi mi ami? Chiese Lei, che era una ragazza pragmatica, lavorando al Pronto Soccorso.

Ti amo, dissi io.

Il suo profumo Chanel numero cinque si tolse di mezzo.

E allora sposami, disse Lei.

La ruota panoramica ripartì con un cigolio sinistro, fautore di scarsa manutenzione o acciaio obsoleto.

Ecco cosa puoi fare oltre a fare l’amore con me disse guardando lontano, come un calciatore intervistato in tv.

*

Così a ventun anni, in completo Pal Zileri, mi sposai.

Mia Madre venne al matrimonio indossando un vestito inaudito e mi disse auguri, Figlio mio.

Non capii se il suo tono fosse sincero o sarcastico, anche perché la sua bocca era coperta da un boa piumato. Non sono mai stato bravo a capire le sfumature. In ogni caso, se ci pensavo, mi ritenevo felice.

Anche se il mio trono era attraversato da una crepa, che cresceva in proporzione alla profondità della mia riflessione.

L’amore che provavo per mia Moglie non riusciva a esprimersi nella maniera in cui io credevo si dovesse esprimere quello che provavo. Fare l’amore era sempre bello, anche se un po’ meno.

Lavavo la mia jeep Range Rover ogni sabato mattina, prima di andare a fare la spesa alla Esselunga.

E la crepa cresceva.

Cosa possiamo fare per sublimare il nostro amore in qualcosa che sia vicino al mio modo di percepire l’amore per te? Chiesi valutando la differenza fra un deodorante Dove con crema idratante e un deodorante Dove con crema idratante Invisible Dry.

Tu sei la cosa più importante del mondo per me. Voglio essere una cosa sola (come quando facciamo l’amore) per molto più tempo, sottolineai. Facciamo un figlio, mi disse Lei davanti agli occhi di una signora anziana che cercava di far ubriacare tutti offrendo liquori Luxardo in assaggio.

Ci completerà. Saremo una famiglia.

Ma così saremmo in tre, dissi io. Io voglio diventare una cosa sola con te, non essere parte di tre cose diverse.

Lei si mise a piangere davanti a una fila di detersivi Sole.

*

Così facemmo una figlia.

*

Lei era felicissima e mi disse capisci? Siamo una famiglia. E ogni volta che lo diceva carezzava ora un materasso, ora un elegantissimo scendi letto Balenciaga.

Per me continuavamo a essere tre cose diverse.

*

Era una cosa perfetta la famiglia.

La nostra si riuniva ogni sera in una cucina Scavolini, ma questo concetto che tre è uguale uno continuava a sembrarmi truffaldino.

In ogni caso la Bambina non aveva portato quel qualcosa che portasse a compimento la mia idea di amore totale, di amore nuovo. Aveva portato qualcosa d’altro, di inesplorato.

Pannolini Pampers e olio Johnson & Johnson. Era mia figlia e le volevo un amore del tutto diverso, una propaggine che non agognava all’unità.

*

Almeno finché non morì.

*

Mia figlia morì a tre mesi. Una sciagura, disse mia Madre al funerale, scartando una caramella Golia il cui rumore ancora oggi mi provoca gli incubi.

Mia moglie pianse moltissimo.

Pianse anche alle Galapagos, dove la portai dopo un volo con KLM. Anche io piansi moltissimo.

Piansi persino a Hollywood, che solo a dirlo è una cosa assurda.

Adesso eravamo tornati ad essere due. Mia moglie perse la voglia di vivere e l’orologio Cartier che le aveva regalato mia Madre, chiaramente in circostanze diverse. Lentamente la prima, improvvisamente il secondo.

Fu allora che la gastrite cominciò a tenermi sveglio di notte. Un pulsare sordo sopra alla bocca dello stomaco.

E’ tutto finito, mi diceva mia Moglie, dalle sue labbra velate di rossetto indelebile Kiko.

Niente sarà mai più come prima. La nostra vita è in subbuglio, disse. E il rumore di una caramella che ruotava dentro a una bocca si materializzava dentro ai miei sogni a occhi aperti. Provai a parlarle. Imparai lingue diverse. Ma non ci fu niente da fare.

*

Col senno di poi penso che non si dovrebbe riporre troppa fiducia nel futuro. Tutte le cose fondamentali sono nascoste nel domani, irraggiungibili. Al presente invece ci sembrano sempre superflue, scontate, pleonastiche.

*

La parola pleonastico, nella mente: un bambino rigido che corre in maniera scoordinata in una foresta di plastica.

*

Noi viviamo nel presente. Così consultammo medici, specialisti, primari.

Tutti dicevano la stessa cosa, alle dipendenze di quadri di una certa importanza, fra cui anche un Modigliani autentico.

Fate un altro Figlio.

Ma mia Moglie diceva che non sarebbe stata la stessa cosa. Che nulla sarebbe stato più lo stesso.

Il suo concetto di amore uno e trino era stato irrimediabilmente compromesso.

Rimaneva il mio concetto di amore che non avevamo mai sperimentato fino in fondo.

Io ci rimuginavo da anni, nelle occasioni più disparate.

Una volta mi venne in mentre eravamo su una funivia a Cortina. Una volta ci pensai mentre ero da Bulgari a comprare l’unico dopobarba (dicevo io) che non mi irritasse la pelle.

In quale modo avrei potuto dimostrare il mio amore totale per la donna che amavo? Completare l’equazione con una formula matematica imprevista, del tutto nuova, vecchissima.

*

Subbuglio: scompiglio, disordine. Agitazione tumultuosa, per lo più determinata dall’improvviso diffondersi di notizie allarmanti.

Confusione, trambusto.

*

Dunque la mangiai. Cos’altro potevo fare?

*

Ci misi un mese e mezzo a finirla tutta.

Tutta l’operazione richiedette una certa programmazione e una ferrea logistica, di stampo militare.

E adesso ero di nuovo uno o, come dire, solo. Un uomo saggio in un  vestito totale rosso Valentino durante un matinee mi disse che bastava chiudere gli occhi per rendersi conto che eravamo sempre soli. Dunque? Ero riuscito a trovare il mio amore totale? Mangiare l’amore della mia vita era un atto puramente pragmatico che aveva risolto la questione solo in termini formali.

Una volta digerita mia Moglie non provai quel senso di unità totale al quale agognavo. Ero di nuovo da capo. Ma allora cos’era questo amore di cui parlavano tutti? Per cui le persone facevano follie? A cosa si limitava, in fondo? Quello che proviamo così profondamente si risolve istintivamente nell’incastro sessuale, ma anche la mosca sbatte contro il vetro, la scimmia prova a incastrare il trapezio dentro al quadrato senza soluzione di continuità, glielo chiede la scienza per vedere se sa ragionare, il gatto resta fermo davanti alla finestra che ti ha chiesto di aprirgli e non esce. E dunque?

*

Ero uscito dal corpo di una donna, assieme ad un’altra ne avevo formata una terza, e come io da una donna ero uscito un’altra ne avevo fatto entrare in me.

Non c’è tanto da starci a girare intorno.

Il semplice scartare una caramella ormai me lo rammentava.

*

Fu proprio per questo che, nella speranza di alleviare la mia gastrite, invitai mia Madre a cena.

 

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