Non perdermi nemmeno per un secondo.
Parliamo di fotografia.
Le nostre fotografie nei social networks sono lapidi.
Ci circondiamo delle nostre lapidi e ci guardiamo attorno percorrendo il lungo corridoio.
Una sovrastruttura, in gergo edilizio è qualcosa che metti per avverare i tuoi desideri.
Se pensi a cosa produci, o a quanto ti sprechi, ti affondi dentro e non ti trovi più.
Allora ti danno qualcosa da premere, qualcosa da toccare, qualcosa da controllare.
E tu lo fai.
Eccoci, vivi e abbandonati fra 7 potenziali miliardi di paia d’occhi nei social networks, tutti con la nostra carta d’identità in mano, ognuno solo come gli altri e con la pretesa di essere l’unico.
Dove vanno lungo le strade, nelle campagne, sui sentieri di montagna, in coda nei supermercati, tutti quanti?
E bisogna essere sempre pronti, sempre sull’attenti con la propria filatelia di lapidi che – nessuno lo sa – non sono di proprietà del morto vivente ma di Faceb°°k, al punto da non poter essere usate neanche in caso di morte reale, previo permesso di un consesso di ventenni che fanno capo a Faceb°°k.
Chi possiede le lapidi?
D’altronde non esiste verità che non può esser detta e una cosa, per accadere, ha bisogno proprio di questo.
Prova a pensarci: quando tutti radunati in massa intonano “sia fatta la tua volontà”, stanno parlando con te.