Riprendendo il filo.
Sull’uscio era assorto dai suoi soliti pensieri, soliti in quanto appartenenti alla sua sfera personale che disegnava una croce di assi cartesiani al centro del quale porre la sua vita semplice di essere umano.
Aveva aperto ed oltrepassato l’uscio piuttosto scocciato, poiché l’abituale visita alla madre rientrava in una di quelle abitudini da porre su uno dei due assi a scelta, rientrante in quelle attività che concernevano la sua vita che col passare del tempo avevano preso il sopravvento senza che neanche se ne accorgesse. Ci si definisce in molti modi all’interno del proprio guscio ma una volta finiti al telegiornale, per esempio, si veniva ridotti alla funzione di un’attività e alla propria età. Professore di 34 anni trovato morto. Cos’era, oltre questo?
Eccolo dunque, un professore di 34 anni ancora vivo che varca, come ogni domenica pomeriggio, la soglia della porta della casa di sua madre, la stessa casa dove era cresciuto e dalla quale si era allontanato da un anno, senza perdere l’abitudine di tornare a frequentarla, come uno jo jo che sale e scende, sale e scende.
Il familiare rumore dello scatto della serratura era stato assorbito dal suo cervello anni fa, così come l’abituale prospettiva del soggiorno e la sua voce, che all’ingresso diceva: Mamma, sono arrivato, richiamo al quale faceva seguito, senza fallibilità, una risposta della madre che si trovava affaccendata a preparare qualcosa da mangiare in vista della visita dell’unico figlio.
Una madre sta a un figlio, in forma di aspettativa, in maniera inversamente proporzionale e contraria.
Ma stavolta qualcosa non tornava.
La visione di una pantofola, seguita da quella della striscia di uovo crudo prolungata alla fine dell’isola in cucina, sommate alla qualità di silenzio nell’aria avevano rivelato sua madre, che pesava oltre un quintale, riversa vicino alla normale dell’isola, perpendicolare al suolo, con una ciotola rimasta sospesa sul ventre un braccio lungo e un fianco e un altro sollevato su un gomito, verticale, che sembrava spuntarle dal corpo come ossa di un animale preistorico in un deserto .
La prima reazione fu quella di chiamarla, mamma, mamma, e quindi quella di avvicinarsi, e cercare, con il proprio esile corpo, (il professore trentaquattrenne pesava 61 chili) di sollevarla usando l’esercizio della leva vantaggiosa e quindi, piagnucolando, quella di cercare di sedersi di fianco e con i piedi, nessuno si chieda perché, spingerla contro l’isola per far trovare al suo corpo una deviazione che in qualche universo sarebbe stata tale dal riuscire a sollevarla.
Per fare cosa, poi?
Un genitore svenuto non cambia il suo stato di imperturbabilità soprattutto se la causa dello svenimento è di origine ignota.
Quindi non ci resta che immaginare questo: un uomo sdraiato in terra i cui piedi spingono il corpo di una donna che ondeggia, il perimetro dell’isola contro cui cozza che non emette rumore alcuno, questo per minuti, sincopato dai singhiozzi dell’uomo che da una certa prospettiva potrebbe non avere più di sette anni, ma ne ha 34, e pesa 61 chili.
Eppure eccolo là, che continua.