Come gli ultravioletti

Una storia struggente, piena di poesia.

Una bambina tedesca ha perso il papà durante un incidente sul lavoro.
Il papà, potatore di alberi, era sempre ben assicurato mentre operava con la sega elettrica a 25 metri d’altezza. Sempre.

Un giorno, mentre si trovava al livello del suolo, venne colpito accidentalmente dal ramo di un albero tagliato incautamente da un ragazzo di Dresda, tale Lars Chernatowski, di origine polacca.

L’uomo venne trasportato in ospedale in ambulanza, le persone guardavano la vettura sospirando, le macchine che udivano la sirena si spostarono diligentemente di lato per permettere il passaggio del moribondo.

Quindi si succedettero interventi, miglioramenti, peggioramenti, flebo che entravano e uscivano dalle vene, infermiere sbadiglianti, notti in bianco, telefonate interlocutorie ai parenti.

La bambina ascoltava.

Ascoltava anche quando gli comunicarono, con un giro di parole, che il papà era andato in cielo, e adesso si trovava intento nell’attività di insegnare a potare le nuvole agli angeli.

Così qualche mese dopo, afflitta da un tremendo sconforto, la bambina ipotizzò una forma di comunicazione sottile, adeguata alla sua età e a ciò che gli adulti le avevano detto.

Un pomeriggio bianco di Ottobre, colmo di una spettrale luce piatta e alogena, in preda a una tremenda solitudine, mentre in lontananza un allarme lasciato suonare aveva perso d’intensità ed era divenuto un lamento scrisse una lettera commovente al suo papà in cui, per sommi capi, gli diceva che le mancava ma che continuava a fare la brava e che lui poteva essere fiero di lei e come andavano le cose lassù, in cielo? Come si trovava, il suo papà?

Perché i bambini sono perfetti, pragmatici, vogliono sapere cosa stai facendo e perché lo stai facendo.

La bambina legò la sua lettera ricopiata in bella copia a un palloncino riempito con l’elio e lo liberò, sopra la cittadina di Duiss, vicino a Monaco, in Baviera, con la speranza che il palloncino e di conseguenza la lettera, attraverso sentieri inesplicabili che l’amore intesse, sarebbe giunto al suo papà e forse, questo la bambina non poteva saperlo, avrebbe anche ricevuto una risposta, come accadeva quando rimproverava babbo natale per averle consegnato questo o quel regalo: babbo natale rispondeva. Quindi perché non avrebbe potuto farlo anche il suo papà?

Quello che accadde, riportato in maniera didascalica, è che il palloncino viaggiò per chilometri, superò sulla cresta di una corrente d’aria eccezionalmente motivata le Alpi e continuò, zigzagando per la pianura padana, e ancora oltre – gli Appennini, scrutato da uccelli che lo guardavano con sospetto, fino a raggiungere Anzio, per la precisione l’abitazione di Remo Gandolin.

“Disoccupato ritrova il palloncino di una bambina tedesca e le risponde” così recitava il giornale stamattina.

All’interno la struggente storia, una sorta di miracolo, da qualunque lato la si voglia vedere, di coincidenze.
Che hanno portato la bambina a ricevere una risposta dal suo papà, e a crederci, almeno per qualche momento.

L’uomo rispose alla bambina che era amico di suo papà, il quale gli aveva detto di riferirle che stava bene, e che la guardava, da lassù.

Le bugie hanno colonne d’aria che le sostengono e l’amore la sa gestire benissimo, l’aria.

L’amore non è altro che l’aria interposta fra due innamorati, aria da loro riempita di significati, unica, che non riguarda nessun altro, aria con una serratura di bugie di cui solo loro possiedono la chiave, e continuano a perdere in continuazione.

Quindi nessuno si preoccupi della bambina.

L’amore, come gli ultravioletti, è invisibile agli occhi.

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