E’ un locale posto lateralmente a una strada principale, emotivamente molto indicato, con grandi cartelli rosa che prima e durante reclamizzano PASTICCERIA LA CAMPIONESSA.
Il soggetto preso in analisi si ritrova a passare per la strada principale numerose volte per motivi che non staremo qui ad elencare e più volte, in un limbus del subconscio, focalizza l’immagine della campionessa come una bambina che danzando in un tutù rosa avesse ricevuto numerosi premi e a cui i genitori, emeriti pasticceri, avessero dedicato la loro impresa lavorativa, sopraffatti da una qualche onda emotiva riscontrabile, come accennato, nei vistosi segnali pubblicitari.
Così il soggetto, una mattina, senza un reale motivo decide, prima di andare a lavorare, di fermarsi a prendere un caffé e una brioche da questa campionessa.
Ascisse e coordinate pongono la nostra scena in un autunno inoltrato con luce drammatica, questo va detto.
Ore 8 del mattino.
L’esterno del locale, che appare decisamente trascurato, fa intuire oltre le vetrate due teste particolarmente attente.
All’entrata un cane sosta nel divanetto principale della piccola sala dove è possibile, teoricamente, accomodarsi, e una signora anziana tiene la posizione seduta rigida in un angolo.
L’uomo oltre il bancone serve svogliato quello che gli viene richiesto, mentre dietro di lui un foglio A4 sbuca da una foto appoggiata sopra una mensola, recante la scritta CEDESI ATTIVITA’.
Sul muro di fianco al banco compaiono foto della campionessa che, preso atto dei fatti nudi e concreti, non ha mai ballato ma risulta essere stata una ciclista di una certa importanza, anche campionessa olimpica, e un occhio attento potrebbe azzardarsi nel tentare di dedurre, ipotizzando di avvizzire la giovane immortalata nei ritagli di giornale, che la campionessa possa essere la signora seduta nell’angolo che scruta i presenti.
E il cane? Il cane non fiata, si riposa.
Una tristezza di prospettive cosmologiche ammanta l’ambiente e si sospende fra gli occhi del probabile figlio della campionessa e la campionessa e il suo cane e il nostro soggetto avventore, e i diagrammi risultanti non sono positivi, poiché nessuno è contento.
Tutto questo, chiaramente, escluso il cane che non tradisce emozioni e resta spettrale e lontano, così aristocratico rispetto ai tre soggetti che sembrano voler gridare aiuto ad ogni momento, ma restano silenziosi, ognuno costipato nel suo recinto emozionale.
D’altronde lavorare significa chiudere la vita in un barattolo, e sia che ci si trovi dentro o che si sia posizionati fuori nessuno può prescindere dal barattolo.
Solo il cane se ne disinteressa.
E questi sono i fatti.